La bellezza è nella cura che ci metti

“La bellezza è negli occhi di chi guarda”

Johann Wolfgang von Goethe

 

Fate quel che vi piace, quel che per voi è bello. Ma è un’esperienza solo vostra?

Una foto o un’altra opera d’arte (o un prodotto) sono belle di per sé, per una qualità estetica indiscutibile e naturale, immodificabile nel tempo e indipendente dall’osservatore? Oppure tale qualità non ne può fare a meno, e dipende da esso? Per molti bellezza e gusto dell’osservatore sono termini inscindibili.

Nel film “Lezioni d’amore” il professore protagonista di una storia d’amore con una ragazza di molti anni più giovane di lui dice: “Guerra e pace potrebbe essere modificato dalla nostra sola lettura? Beh… sì, certo, ma perché? Perché noi portiamo qualcosa al libro… portiamo noi stessi. Per di più se leggerete il libro tra dieci anni sarà diverso, perché voi sarete diversi…”. Così, quando abbiamo un’idea, creiamo un prodotto, realizziamo un servizio fotografico, possiamo negare di avere in mente uno spettatore, un interlocutore, ed è per lui o lei, o almeno anche per l’altro questo sforzo e questa passione?

Quando un uomo guarda una donna negli occhi e l’aria si accende di elettricità, è solo l’effetto di una caratteristica estetica oggettiva? O accade perché ella risponde allo sguardo accettando intenzionalmente una comunicazione, che altrimenti non si svilupperebbe? E allora la bellezza può essere qualcosa di più che una caratteristica ferma ed estetica, ma un valore in quello sguardo reciproco che può chiamare in gioco anche la vita intera delle due persone uniche che interagiscono, che influenza di per sé ciò che ognuno va a guardare e come, e ciò che va a trovare.

Ciò che colpisce un ospite o una cliente di quello che abbiamo preparato per loro è di solito ciò che è stato curato nei particolari. Quella cura che c’è dentro è pregressa, non è palesata, ma ce n’è tutto il peso e il valore.

Potremmo aver scelto uno scatto fotografico realizzato in un istante, ma lo studio e la ricerca investiti per decidere come farlo, e le decine o centinaia di altri scatti con cui lo abbiamo confrontato per sceglierlo è stato un lavoro certosino. Per questo un fotogramma di valore non ci comunica il lavoro di un istante nella sua bellezza, ma un’infinita cura e attenzione, una passione per il nostro lavoro, che non può prescindere, se non siamo degli eremiti, dalla passione per i nostri interlocutori, e dal loro piacere nell’usufruire del nostro servizio, che a sua volta ripaga la nostra fatica.

John Donne, predicatore e poeta inglese, ha detto: “Nessun uomo è un’isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del continente, una parte della terra”. Se questo è vero, allora la bellezza del nostro lavoro (qualunque esso sia) è quello sguardo reciproco che scambiamo con i nostri interlocutori, dove si incontrano gli occhi che cercano e riconoscono, e gli occhi di chi ha messo tutta la sua cura e l’attenzione per incontrare quello sguardo.

 

 

Giovanni Iacoviello

giovanni.iacoviello@gmail.com

 

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