“Se vuoi vedere, impara ad agire”
Heinz von Foerster
Vi ricordate se c’è stato un momento della vostra vita in cui siete stati restìi a iniziare qualcosa, per pigrizia, o non l’avete mai iniziata? E altri momenti in cui invece, dopo averla iniziata, l’avete trasformata in abitudine? Come avete fatto quella volta a vincere la pigrizia?
Un amico mi disse che a 18 anni non aveva voglia di lavorare, e che la voglia gli è venuta dopo qualche stipendio, quando ha realizzato la gratificazione economica da una parte, ma soprattutto il senso di indipendenza.
Ognuno colora un’azione di un significato diverso secondo la sua storia ed esperienza. Qualsiasi sia il significato per un dato premio, esso è un elemento che riesce a farsi preferire alla mancata lotta contro la pigrizia. Ad esempio, c’è chi ama il suo lavoro e dedica una parte del suo tempo al volontariato. Alcuni trovano il premio nel sentirsi utili, nel fare qualcosa per gli altri.
Forse sta qui la chiave dell’akrasia (termine greco che indica la debolezza della volontà), cioè la mancanza di un premio, o la mancanza del mettere a fuoco il premio che ricaveremo nello “spingere il carico” finché non si sposta. Nessuno vi può dire quale sia il vostro premio, dovete capirlo da voi facendo delle prove, divertendovi a sbagliare, ed eventualmente riprovare.
Come si fa a mangiare un cocomero intero?
“Un morso alla volta!” – ha risposto il formatore americano Robert Dilts. Una delle strategie possibili per abbassare l’attrito iniziale per spostare un carico è alleggerirlo. In tal senso, un obiettivo può essere suddiviso in sotto-obiettivi. L’apatia impedisce di studiare un capitolo per un esame? Potremmo darci un obiettivo più piccolo, un paragrafo in un dato tempo senza distrazioni. Quando lo sforzo è stato compiuto, il premio potrebbe essere quello della gratificazione per aver portato a termine un obiettivo. Una gratificazione più grande, come il giocatore di video-game che arriva allo schema successivo, può essere quella di aumentare gradualmente il proprio sotto-obiettivo, per avere come premio anche qualcosa da subito, e cioè il gusto della sfida, l’emozione di provare a superarsi. Se il premio non è abbastanza grande e immediato da vincere la resistenza all’azione, si può quindi rendere più piccola e fattibile l’azione stessa.
Dal cocomero al pomodoro che misura il tempo…
Il “metodo del pomodoro” è stato inventato da Francesco Cirillo, uno studente universitario che usava un timer a forma di pomodoro per cronometrare le sue sessioni di studio senza distrazioni.
Anche se si passa dallo studio al lavoro, si può provare a mettere il conto alla rovescia di mezz’ora per un impegno che dobbiamo assolvere (scrivere un report, una relazione o un articolo), contando che spesso cerchiamo per ore l’ispirazione prima di iniziarlo. Il fatto di avere un tempo limitato a disposizione ci può stimolare a dare il meglio in meno tempo.
Dalla paura di non essere “portati” alla consapevolezza dell’apprendimento.
“Non ho talento, non sono portato!” – Questa purtroppo è una delle credenze più limitanti per la crescita personale di ognuno. Il maggior motivo per cui non siamo bravi in qualcosa è la mancanza di abitudine, allenamento, e quindi apprendimento. Così, la scusa di non essere portati ad usare il pc per molte persone è spesso stata usata per celare la frustrazione dei primi errori, normalissimi e inevitabili per chi sta imparando qualcosa, e qualche volta la resistenza a voler capire che serve costanza per acquisire un’abilità.
Quindi la “predisposizione” può essere spesso un alibi comodo, e comunque fuorviante. Come diceva la psicoterapeuta Virginia Satir: “Quello che sono oggi è indice di quello che ho imparato, non di quello che è il mio potenziale”. Potremmo imparare pure, esplorando le possibilità e sperimentando, quali sono i nostri premi, e a come non staccarvi gli occhi.
Giovanni Iacoviello
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