«Non dobbiamo permettere alle percezioni limitate degli altri di definire chi siamo»
Virginia Satir
Nei corsi di formazione mi è capitato più volte che emergesse questa tematica. Chi chiedeva alla fine di un incontro come si fa a non reagire alle critiche, e chi chiedeva perché si è permalosi. Qualcuno esaminando le domande potrebbe anche notare che tendono a rispondersi da sole. Il termine permaloso indica in generale la facilità ad offendersi, e quindi a reagire molto alle critiche. Il perché qualcuno reagisca offendendosi più facilmente del “giusto” in una situazione o rispetto alla media delle persone lascia spazio più a teorie e speculazioni che a discorsi scientifici. Inoltre, come ha insegnato il formatore Robert Dilts, le domande perché (la ricerca delle cause) nei problemi umani possono portare a focalizzarsi sul problema invece che sulla soluzione (magari cercando chissà dove a lungo senza trovare nulla), diversamente dalle domande “come” (come posso fare ad essere meno permaloso?). Il fatto che le persone reagiscano in modi diversi alle critiche e alle offese indica comunque che hanno un’ampia gamma di reazioni possibili, e quindi non ce n’è una esclusiva e giusta, o immodificabile.
“La vita non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con ciò che ci accade”.
Questa frase è stata attribuita allo scrittore di fantascienza Aldous Huxley. Si può collegare bene alle domande di poco fa. Può indicare che, alla frase di un interlocutore, noi possiamo reagire o non reagire, e comunque reagire in modi diversi in base al significato che diamo alla comunicazione dell’altro. Così, ci sono pugili novelli che possono soffrire di un colpo ricevuto, e pugili professionisti che hanno imparato col tempo e l’allenamento a incassare.
Le risposte “musone” e le risposte “simpatiche” per rompere il gioco.
In generale la comunicazione non è una dinamica lineare del tipo Stimolo-Risposta in cui io rispondo allo stimolo-messaggio dell’altro con la mia risposta-reazione. La mia risposta è anche un feedback che torna all’interlocutore che può a sua volta correggere il tiro della comunicazione o continuare sullo stesso stile. Tale risposta è quindi anche un nuovo stimolo per la risposta nell’altro, e così via, in maniera più circolare che lineare.
Se qualcuno mi vuole prendere in giro, si divertirà se reagisco piagnucolando o arrabbiandomi, e quindi il suo gioco andrà a segno, e proverà gusto a continuarlo. Se io stesso rido del mio presunto difetto autoironicamente, potrei spiazzare l’altro. Se reagisco ad esempio esagerando il mio difetto invece che lamentandomi, il colpo dell’altro non andrà a segno e romperò il suo gioco. Il messaggio che arriverà all’altro sarà che sono simpatico e autoironico, e non un musone antipatico, e non proverà più lo stesso divertimento nel punzecchiarmi. Inoltre il divertimento dell’autoironia può sostituirsi al rimuginare sterile su un nostro presunto basso valore.
Risorse mentali sprecate nell’offendersi o impiegate produttivamente.
Ci sono delle volte in cui il difetto per il quale ci criticano è qualcosa che dipende dalla nostra volontà (ad esempio se ci dicono “ciabattaio” per indicare che siamo pigri). In questo caso, rimuginarci sopra e passare il tempo ad essere arrabbiati vuol dire sprecare il nostro tempo prezioso in attività dannosa. Potremmo reagire pensando che hanno ragione e ci piace essere pigri, senza prendercela e quindi stando comunque bene. Oppure potremmo decidere che può valere la pena in fondo essere meno pigri su alcune cose per noi importanti e quindi porci degli obiettivi, suddividerli in tabelle di marcia, monitorare i nostri risultati, correggere il tiro, premiarci come preferiamo al raggiungimento della meta.
…a giovedì prossimo…
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