Ti meriti di dire la verità? Sulle bugie bianche.

Tempo fa ad un seminario di autostima sorse il tema delle “bugie bianche”, ovvero quelle bugie che si dicono per non fare stare male il nostro interlocutore.

Ne nacque una discussione accesa, che durò un bel po’. Il pomo della discordia era se una persona con una buona autostima, una comunicazione efficace e una prospettiva assertiva avrebbe detto o meno le bugie bianche.

L’argomento era interessante e i partecipanti non sembravano mollare la presa, dunque demmo spazio alla discussione.

Da una parte alcuni sostenevano che una persona con una buona autostima si pone in rapporto positivo con gli altri, e riesce a dare anche notizie sgradite con il dovuto tatto per non provocare nell’interlocutore una reazione troppo spiacevole.

Dall’altra ribattevano che dire sempre e solo la verità può causare nell’interlocutore un certo malessere nel caso in cui l’informazione tocchi tasti sensibili. Dunque la persona che mira ad un buon rapporto con l’altro strategicamente mente per farlo sentire a suo agio, per proteggerlo da notizie dolorose e per mantenere una relazione positiva.

I primi, contrari alle BB, ammettevano che in alcuni casi la verità può essere spiacevole per il nostro interlocutore, ma che sta a noi rivelargliela e aiutarlo a gestire le sue emozioni. Questo atteggiamento, alla lunga, dicevano che paga in quanto spinge l’altro a “crescere” e a migliorare la propria gestione delle emozioni. In più il rapporto si fortifica basando le radici sulla fiducia e sulla sincerità.

I secondi, quelli favorevoli, asserivano che proteggere l’altro da una emozione negativa è più importante che cercare di farlo crescere, specie se nel contesto non vi sono possibilità di affrontare la questione in modo approfondito.

Durante la discussione sono stati fatti vari esempi da entrambe le parti. Uno mi ha colpito particolarmente: il caso di un figlio che mente sulla destinazione di un viaggio di lavoro al genitore anziano e ansioso. Nello specifico un uomo “avvicina” la meta della trasferta per non fare preoccupare il padre. E’ un ottimo esempio a favore delle BB: che vantaggio strategico avrei a dire la vera destinazione, lontana centinaia di km e caotica, sapendo che l’anziano si  preoccuperà e vivrà in modo agitato il periodo della trasferta? Non è meglio eleggere a meta del mio viaggio un tranquillo paesino a poche decine di km?

La fazione degli avversi mise l’esempio sotto una diversa luce: non è che magari mento sulla destinazione non perché non voglio fare preoccupare il parente anziano ma perché non ho voglia di ricevere decine di telefonate ansiose? E non ho voglia di doverlo rassicurare aggiornandolo periodicamente sulla situazione del traffico? E non mi sento in grado di aiutarlo a gestire (e superare) queste preoccupazioni (peraltro tipiche negli anziani)?

Il cambio di punto di vista fu interessante e convincente: messa così la BB sembra la scappatoia per chi non è in grado o non ha voglia di gestire il vissuto dell’interlocutore. Non protezione dell’altro, ma protezione di noi stessi e della nostra incompetenza. Come dire che solo i più “bravi” si meritano di dire la verità.

I favorevoli, impressionati, riuscirono poi a citare esempi in cui effettivamente il contesto non aiuta a gestire la situazione, come quando c’è poco tempo a disposizione, o ci sono degli estranei presenti. Arrivarono a fare ammettere ad alcuni “avversari” che in questi casi la BB è uno strumento utile per gestire la situazione nell’immediato, salvo poi chiarire la propria posizione in futuro.

Ho riportato quanto scritto perché sono curioso: ti è mai successo di dire una bugia bianca? In che contesto? Come ti sei sentito? E il tuo interlocutore? Pensi che la tua autostima abbia influito?

Scrivi quello che ti è successo, mi piacerebbe approfondire l’argomento.

A presto,

G. Petrucci

PS: sto riflettendo e a breve scriverò anche sul tema contrario: ci meritiamo la verità?

Le obiezioni… qualcosa di personale?

La vita non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con ciò che ci accade

Aldous Huxley

 

Le obiezioni: pericolose nemiche o nostre alleate? Anche se non siamo venditori o non ci occupiamo di pubbliche relazioni, possiamo sostenere che non ne incontriamo sul nostro cammino extraprofessionale, rivolte a noi o alla nostra idea? Il venditore e il cliente non sono ancora delle persone, con le loro emozioni, e il loro lato relazionale in gioco?

Partiamo dal contesto della vendita, indicando le parole del formatore Cesare Sansavini: “I più grandi venditori hanno l’abilità di trasformare le domande più ostili in opportunità di vendita”.

Se non sentiamo l’esigenza di convincere o persuadere qualcuno della bontà della nostra idea solo nella vendita, ma in svariate situazioni nella vita quotidiana, allora questo non è un problema solo commerciale, ma genuinamente umano.

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Si possono trasformare le critiche in risorse?

Il giudizio e le critiche.

 

“La tendenza a giudicare gli altri è il più grande ostacolo alla comprensione e all’ascolto”.

Carl Rogers, psicologo.

 

Critiche: funzioni negative e positive.

Dietro alla parola “giudicare” usata da Rogers parrebbe esserci una connotazione negativa, forse riferendosi l’autore alle critiche improduttive, al puntare il dito su difetti e differenze. Potremmo però anche rilevare delle situazioni in cui c’è una sfumatura semantica positiva nella parola: il giudizio in quei casi potrebbe essere una valutazione in senso lato e, perché no, anche positivo.

Anche se la connotazione del giudizio fosse negativa, però, non è detto che non se ne possa guadagnare qualcosa. Di per sé la critica verso l’altro è una strategia comunicativa fallimentare, come hanno indicato a inizio ‘900 il formatore Dale Carnegie e ai giorni nostri lo psicoterapeuta Giorgio Nardone nel libro “Correggimi se sbaglio”, al di là dei possibili intenti “positivi” che possono motivare tale azione. Questo perché criticare l’altro lo può ferire o mettere sulla difensiva, suscitare risentimento e far chiudere in lui il canale dell’ascolto, nonché guastare la relazione almeno in un certo momento o situazione.

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