Buone Vacanze e ci vediamo a Settembre!
Lo Staff di GIP Comunicazione
“Bisogna vedere”, disse Alice “se voi potete fare in modo che le parole indichino cose diverse”.
“Bisogna vedere”, disse Humpty Dumpty “chi è che comanda… ecco tutto”.
L.Carroll, Alice nel paese delle meraviglie e nel mondo dello specchio
La mappa non è il territorio: la realtà relativa e il punto di vista dell’osservatore.
Con la frase “la mappa non è il territorio” Alfred Korzibsky indicava tra le altre cose che non c’è una corrispondenza univoca tra le nostre percezioni e descrizioni e la realtà là fuori (non possiamo conoscere il mondo direttamente ma solo attraverso delle astrazioni). In parole povere non c’è una realtà assoluta, ma è relativa all’osservatore, che confeziona e descrive in base alle sue esperienze e al suo sistema nervoso unico la realtà che osserva e le proprie ragioni. Quindi come dargli torto per ciò che vede? E’ più o meno quello che emergeva da uno dei pensieri di Blaise Pascal.
L’impegno nello sviluppo delle abilità relazionali.
“Una persona che non sa sorridere non dovrebbe aprire un negozio”
Antico proverbio cinese
L’alto valore nascosto delle abilità umane: l’esperimento della biblioteca.
Alla fine degli anni ’70, in un esperimento, due gruppi di persone scelte casualmente furono riprese da una telecamera nascosta in una biblioteca mentre i libri da loro scelti venivano controllati dal personale. All’uscita veniva poi chiesto di compilare un questionario.
Nella prima condizione i bibliotecari erano tenuti a dare poca attenzione al cliente. Il risultato dei questionari fu concorde: il servizio era pessimo. La sorpresa fu che solo pochi citavano il personale tra le cause di insoddisfazione. Citarono invece: cattiva illuminazione, difficile sistema di archiviazione, etc.
Nella seconda condizione ai bibliotecari fu prescritto di essere gentili e favorire il contatto umano: sorridevano, guardavano negli occhi, chiamavano il cliente per nome, etc. Dai questionari risultò che erano quasi tutti soddisfatti del servizio. Anche in questo caso pochi citarono l’aspetto relazionale del servizio: c’era buona illuminazione, appropriata numerazione e catalogazione, etc. (L’esperimento è descritto in Alberto Fedel, Grazie per il reclamo, Franco Angeli, p. 70 e ss.).
“La tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione”.
Carl Rogers
A volte nei gruppi di lavoro e nelle riunioni tendiamo a chiuderci e a non prestare la nostra collaborazione ai nostri colleghi perché li giudichiamo non corretti come noi, e quindi non meritevoli del nostro aiuto. Ma quando si è in una squadra, che sia sportiva o lavorativa, ci possiamo astenere dal lavorare con qualcuno degli altri? E se lo facessimo, vincerebbe la nostra moralità o il nostro egoismo?
Sospensione del giudizio.
Per lo studioso di creatività Edward De Bono, una delle regole da usare perché un brainstorming sia produttivo per risolvere problemi o per creare, è quello di produrre idee senza giudicarle e inibirle. Dovremmo sospendere il giudizio, perché lo scopo iniziale è produrre più idee possibili.
Senza contare che le critiche ad un’idea possono inibire qualche partecipante. Solo dopo aver prodotto tante idee si passa alla fase in cui si valutano e scelgono quelle più attuabili, gratificando tutti i partecipanti.
Se rifiutiamo o ostacoliamo sistematicamente le idee di un dato collega perché ci è antipatico, ci dimentichiamo innanzitutto che nessun tribunale ci ha investito dell’onere di fare il giudice, e in secondo luogo che rischiamo di privare la squadra di contributi utili.
Spesso inoltre è difficile distinguere i casi in cui abbiamo giudicato un’idea obiettivamente come inadeguata dai casi in cui l’abbiamo valutata male influenzati dalla nostra antipatia verso la persona che l’ha proposta.
Se siamo in posizione di leader è importante, per il bene del gruppo, non farci influenzare dalle nostre simpatie e antipatie nel giudizio sulle idee. Anche una persona antipatica può avere buone idee, e si dice che molti geni del passato sono stati ritenuti odiosi dai colleghi e collaboratori.
La focalizzazione positiva.
Un membro prezioso di un team è quello che sa dare il buon esempio, non quello che spinge per far valere la propria opinione ignorando quella altrui. E’ quello che stimola gli altri a dare il meglio.
Ma come è possibile che questo accada se ostacoliamo un membro del gruppo solo perché non lo riteniamo all’altezza?
Un buon membro di una squadra (e a maggior ragione un buon capitano) sa valorizzare gli elementi positivi di ognuno degli altri giocatori, in modo che ognuno contribuisca con i suoi punti forti. Se qualcuno ci sta antipatico non possiamo “buttare via tutto il pacchetto”. Quindi tanto vale sospendere i giudizi morali verso i colleghi nei momenti in cui si deve lavorare e produrre, e tenere conto il più possibile dei loro pregi più che dei difetti. A tal proposito, il saggista e filosofo Emil Cioran ha detto: “Non possiamo rinunciare ai difetti degli uomini senza rinunciare, nel contempo, alle loro virtù”.
Lo scopo sovraordinato comune a tutti.
Quando lavoriamo in un’azienda, in un gruppo, in una squadra, non possiamo pensare di avere degli scopi separati da quelli degli altri. Anche se i nostri modi di vedere le cose possono essere giustamente e utilmente diversi, non possiamo dimenticare che lavoriamo tutti per uno scopo comune. Molto spesso i litigi si dirimono realizzando questa pratica realtà. Non si possono combattere battaglie di idee personali con la logica della ragione e del torto. E’ più utile accettare incondizionatamente l’idea diversa dell’altro e cercare il modo di integrarla un po’ con la nostra per i fini della squadra, invece di tenerle separate e in competizione in modo sterile. Uno studioso della storia delle idee, Steven Johnson, sostiene che sono proprio gli ambienti e le piattaforme condivise ad accrescere la creatività e la redditività delle persone che vi operano. Quindi varrebbe la pena domandarsi se ostacolare la collaborazione con gli ‘antipatici’ faccia più bene o più male ai risultati complessivi del gruppo.
Gestione del tempo e scadenze.
Se il proprio treno è in ritardo, la coincidenza partirà in perfetto orario
Legge dei treni, dalle applicazioni della legge di Murphy
Chi di voi è un uomo o una donna “dell’ultimo momento”, che onora le scadenze proprio alla fine, all’ultimo istante? Cosa succede quando alle azioni dell’ultimo minuto si aggiungono gli imprevisti dell’ultimo minuto? Quali strategie di gestione del tempo potreste usare?
“Ultimo-momentismo” + imprevisto = problemi.
Se capita un imprevisto nell’ultimo minuto utile per rispettare una scadenza, potrei non riuscire ad onorarla. Ciò può comportare un’ammenda, una sanzione, la cessazione della possibilità di esercitare un diritto. O peggio può portare via del tempo non facendoci onorare una scadenza successiva, facendo slittare pure quella con danni aggiuntivi. Senza contare il differente stato emotivo di chi onora una scadenza prima del tempo il quale può essere sbrigativo, magari, ma non frettoloso, rispetto a chi corre disperatamente in lotta contro il tempo agitato ed ansimante. Una volta in prossimità del fatidico ultimo momento la nostra attenzione e le nostre emozioni non ci permetteranno probabilmente di svolgere un lavoro accurato e preciso come vorremmo, aumentando il rischio di compiere errori o imperfezioni.
La lista delle “cose da fare” funziona?
Normalmente pensiamo alla gestione del tempo come al modo di elencare in agenda le azioni da compiere. Questo è corretto.
Ma possiamo gestire in maniera più strategica il nostro tempo dando un ordine di priorità agli impegni. In questo modo se avessimo qualche problema o ritardo su una voce della nostra lista, le voci non onorate per mancanza di tempo sarebbero probabilmente le ultime, meno prioritarie, con probabili costi minori rispetto alla mancata inadempienza delle prime.
Dalle cose da fare ai risultati da ottenere.
Il modo in cui organizzo mentalmente le cose da fare o con cui classifico gli impegni potrebbe essere efficace o meno per la produttività. Un conto è fare una lista delle cose da fare. Un altro è fare una lista delle cose da ottenere come risultati, che può portarmi ad individuare una lista di azioni maggiormente finalizzate agli obiettivi più importanti.
Dalla scadenza puntiforme alla scadenza allargata.
Spesso immaginiamo la scadenza come un punto nel calendario relativo al giorno ultimo per onorare un impegno, come ad esempio il 15 marzo. Ma potremmo anche allargare quella scadenza “puntiforme” in una scadenza “lineare”, che comincia il 5 marzo e finisce il 15 marzo, con giorno intermedio il 10 marzo. Allora potremmo riclassificare la scadenza del 10 marzo come giorno ultimo, e il 5 come scadenza effettiva. Se il 5 marzo per scrupolo volessimo perfezionare quel lavoro, avremmo ancora qualche giorno, fino ad arrivare al massimo al 10. A questo punto, se il 10 capitasse un imprevisto, avrei ancora qualche giorno di tempo per farvi fronte.
Queste sono alcune strategie per gestire il tempo e le scadenze efficacemente. Se ne conoscete o usate altre che vi fa piacere condividere, postatele!
G.I.