Non ci sono più i team di una volta… per fortuna!

Selezionare membri del team motivati o motivare i membri del team?

 

“Per me la leadership è un processo in cui si crea un mondo di cui gli altri vogliono far parte” – Robert Dilts

 

Quando segno un goal, non vinco solo io: dall’individualismo alla cooperazione.

Ricordo che parecchi anni fa mi capitò in mano una copia di una rivista di business in cui un articolo attirò la mia attenzione. Se non ricordo male il titolo era “dall’individualismo alla collaborazione”, e parlava delle skills manageriali. Si diceva in sostanza che i manager individualisti, che pensavano a conseguire successi e risultati, indipendentemente dalla qualità delle relazioni che erano in grado di creare, erano andati ‘alla grande’ in passato. Col mutare delle dinamiche socio-culturali ed economiche, però, stava prendendo piede una figura manageriale più funzionale alla cooperazione e al gioco di squadra, che a loro volta potevano favorire anche la motivazione e quindi la produttività.

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Sii te stesso, ma non esagerare…

Dal carattere immodificabile alle abitudini migliorabili.

 

«Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo» – Mahatma Gandhi

 

La parte positiva della storia di rimanere se stessi: stile personale, valori, coerenza.

La parte migliore della storia che ci raccontiamo dal titolo “l’importanza dell’essere se stessi” riguarda probabilmente il proposito di non imitare gli altri e cercare di sviluppare il nostro stile personale. O quello di non accettare di attuare comportamenti contrari ai propri valori per compiacere qualcuno, o quello di essere coerenti con le proprie idee. Tutti propositi lodevoli.

Se questi concetti vengono applicati in maniera incondizionata e non ragionata, però, rischiano a volte di portarci a un pensiero rigido e poco adattivo. Se una situazione mutando richiede una rivalutazione di una propria posizione o idea, restarvi ancorati potrebbe a volte rispondere più ad un desiderio estetico di non farsi cogliere incoerenti piuttosto che a un agire efficace. Ad esempio, nel film Invictus di Clint Eastwood, il giornalista chiede al presidente Mandela: “ho sentito dire che lei un tempo sosteneva chiunque giocasse contro gli Springbok”. La risposta: “Sì, ma ovviamente adesso non è più così, sono al cento per cento con i nostri campioni. D’altronde se io non sono in grado di cambiare quando le circostanze lo impongono, come posso chiedere agli altri di cambiare?”. In proposito, Ralph Waldo Emerson disse: “una sciocca coerenza è lo spauracchio delle piccole menti”. Nel caso di Mandela lo sport ha agito da “collante” tra opposte fazioni, e ha contribuito a sedare i contrasti interni in Sudafrica.

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Un mugugno per il front-office

articolo di Giovanni Petrucci

 

Vorrei condividere con voi questa mia esperienza di oggi per trarne qualche riflessione utile.

Ho bisogno di un prodotto “tecnico”. Non ne sono molto competente, quindi non lo ordino su internet ma vado in un punto vendita di una grande catena specializzata che promette competenza ed efficienza.

Chiedo ad una commessa, che mi consiglia un prodotto. Lo pago, lo porto a casa, lo provo: non funziona perché non si adatta agli standard.

Ritorno al negozio, una seconda commessa mi consiglia un altro prodotto, più costoso, che sicuramente fa al caso mio. Rendo il primo, pago la differenza, lo porto a casa, lo provo, non funziona per lo stesso motivo.

A questo punto sono un po’ scoccciato. Torno al negozio, parlo con la prima commessa che mi chiama un tecnico, che mi spiega che non ci sono santi: per gli standard che ho io non hanno prodotti compatibili, quindi o faccio senza o compro un prodotto più costoso ancora e che necessita di installazione specifica (a pagamento).

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Anche i giganti hanno paura

“Ogni volta che assisti a un importante successo professionale, significa che qualcuno ha corso un rischio”

Peter Drucker

 

La paura e l’imperfezione sono la norma: l’abbaglio del dover essere sempre vincenti.

Molte persone spesso si preoccupano così tanto di apparire vincenti e distese che si dimenticano che il percorso del successo è lastricato di incertezze e fallimenti, i quali ci aiutano a imparare e crescere. Ma di tutto il ‘pacchetto’ ci ricordiamo di frequente solo della parte migliore. Si tende a dire, oggi come ieri “quell’uomo è da ammirare, non fa mai un errore”, tanto che si coltiva l’ideale irrealistico dell’infallibilità, che diventa fuorviante e controproducente quando nel suo estremo porta a non perdonare gli errori degli altri, e nemmeno i propri. Una delle conseguenze può essere l’incremento della paura di sbagliare, portando le persone a volte all’immobilismo, al rinunciare a rischiare per evolvere, o a provare a uscire dalla propria comoda area di comfort.

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Cosa cercano le aziende

 

articolo di Giovanni Petrucci

Ciao.

Scrivo questo post di getto mentre aspetto un candidato ritardatario.

In questo momento sono presso un’Agenzia mia cliente per svolgere un servizio di Orientamento al Lavoro nell’ambito di un progetto Work Experience.

La persona che aveva appuntamento alle 11 non si è presentata e una volta chiamata si è scusata e ha detto che sarebbe arrivata nel giro di mezz’ora.

Ed eccomi qui ad aspettare un ragazzo poco sopra la trentina, disoccupato, che è stato selezionato per un corso di formazione con seguente stage retribuito.

Questo momento di pausa forzata mi stimola una riflessione.

Cosa cercano le aziende? Anzi, cosa cercano i datori di lavoro?

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