Un mugugno per il front-office

articolo di Giovanni Petrucci

 

Vorrei condividere con voi questa mia esperienza di oggi per trarne qualche riflessione utile.

Ho bisogno di un prodotto “tecnico”. Non ne sono molto competente, quindi non lo ordino su internet ma vado in un punto vendita di una grande catena specializzata che promette competenza ed efficienza.

Chiedo ad una commessa, che mi consiglia un prodotto. Lo pago, lo porto a casa, lo provo: non funziona perché non si adatta agli standard.

Ritorno al negozio, una seconda commessa mi consiglia un altro prodotto, più costoso, che sicuramente fa al caso mio. Rendo il primo, pago la differenza, lo porto a casa, lo provo, non funziona per lo stesso motivo.

A questo punto sono un po’ scoccciato. Torno al negozio, parlo con la prima commessa che mi chiama un tecnico, che mi spiega che non ci sono santi: per gli standard che ho io non hanno prodotti compatibili, quindi o faccio senza o compro un prodotto più costoso ancora e che necessita di installazione specifica (a pagamento).

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Anche i giganti hanno paura

“Ogni volta che assisti a un importante successo professionale, significa che qualcuno ha corso un rischio”

Peter Drucker

 

La paura e l’imperfezione sono la norma: l’abbaglio del dover essere sempre vincenti.

Molte persone spesso si preoccupano così tanto di apparire vincenti e distese che si dimenticano che il percorso del successo è lastricato di incertezze e fallimenti, i quali ci aiutano a imparare e crescere. Ma di tutto il ‘pacchetto’ ci ricordiamo di frequente solo della parte migliore. Si tende a dire, oggi come ieri “quell’uomo è da ammirare, non fa mai un errore”, tanto che si coltiva l’ideale irrealistico dell’infallibilità, che diventa fuorviante e controproducente quando nel suo estremo porta a non perdonare gli errori degli altri, e nemmeno i propri. Una delle conseguenze può essere l’incremento della paura di sbagliare, portando le persone a volte all’immobilismo, al rinunciare a rischiare per evolvere, o a provare a uscire dalla propria comoda area di comfort.

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Cosa cercano le aziende

 

articolo di Giovanni Petrucci

Ciao.

Scrivo questo post di getto mentre aspetto un candidato ritardatario.

In questo momento sono presso un’Agenzia mia cliente per svolgere un servizio di Orientamento al Lavoro nell’ambito di un progetto Work Experience.

La persona che aveva appuntamento alle 11 non si è presentata e una volta chiamata si è scusata e ha detto che sarebbe arrivata nel giro di mezz’ora.

Ed eccomi qui ad aspettare un ragazzo poco sopra la trentina, disoccupato, che è stato selezionato per un corso di formazione con seguente stage retribuito.

Questo momento di pausa forzata mi stimola una riflessione.

Cosa cercano le aziende? Anzi, cosa cercano i datori di lavoro?

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La forza degli sprovveduti

“Tutti sanno che una cosa non è possibile, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa”

 Albert Einstein

 

La creatività fa parte dell’essere umano: le risorse illimitate dei dilettanti.

Nelle riunioni o nelle sessioni di problem solving formali o informali, si rinuncia spesso alle risorse creative degli inesperti circa la questione che si vuole sviluppare o risolvere. Eppure nel brain storming, tecnica creativa per risolvere i problemi e sviluppare idee messa a punto dal pubblicitario Alex Osborn nel 1938 per aiutare il suo team ad essere più produttivo, c’è una prima fase che ha lo scopo di generare idee in quantità. Il metodo si è diffuso in tutto il mondo, e si avvale del contributo anche dei non esperti su una questione. Osborn ci ricordava che nella seconda guerra mondiale negli Usa si chiedeva a tutta la popolazione di produrre idee per risolvere i tanti problemi nazionali, e che un comitato le valutava. Tra tante idee apparentemente “squinternate” prodotte da inesperti, di molte veniva trovata un’utile applicazione. Osborn sulla base di molti studi compiuti su gruppi di persone eterogenee ci ha insegnato che, anche quando diciamo a noi stessi di non essere delle persone creative, in realtà i dati scientifici e la storia delle idee ci insegnano che la creatività è una peculiarità dell’essere umano.

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Le ragioni di chi ha torto…

“Bisogna vedere”, disse Alice “se voi potete fare in modo che le parole indichino cose diverse”.

“Bisogna vedere”, disse Humpty Dumpty “chi è che comanda… ecco tutto”.

L.Carroll, Alice nel paese delle meraviglie e nel mondo dello specchio

 

 

La mappa non è il territorio: la realtà relativa e il punto di vista dell’osservatore.

Con la frase “la mappa non è il territorio” Alfred Korzibsky indicava tra le altre cose che non c’è una corrispondenza univoca tra le nostre percezioni e descrizioni e la realtà là fuori (non possiamo conoscere il mondo direttamente ma solo attraverso delle astrazioni). In parole povere non c’è una realtà assoluta, ma è relativa all’osservatore, che confeziona e descrive in base alle sue esperienze e al suo sistema nervoso unico la realtà che osserva e le proprie ragioni. Quindi come dargli torto per ciò che vede? E’ più o meno quello che emergeva da uno dei pensieri di Blaise Pascal.

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