E se l’errore fosse proprio nei buoni propositi per l’anno nuovo?

Dai buoni propositi agli obiettivi efficaci.

“Non c’è rotta favorevole per il marinaio che non sa in che porto approdare”

Seneca

 

Chi non si è trovato mai a confrontarsi con gli insuccessi sui buoni propositi che si era posto all’inizio dell’anno, spesso persi “per la strada” a breve termine, con frustrazione e sentimenti negativi associati?

E se l’errore fosse invece proprio nell’idea stessa dei buoni propositi per l’anno nuovo? E se quelli che abbiamo chiamato insuccessi non fossero da rileggere come un utile feedback di come ci siamo mossi?

 

Dai buoni propositi per l’anno nuovo alla pianificazione sistematica.

Forse i “buoni propositi” per l’anno nuovo sono una strategia votata al fallimento entro pochi giorni, quando verbalizzati o pensati, ma non strutturati sistematicamente e pianificati con cura. In alternativa potremmo entrare nell’ottica di una continua pianificazione sistematica degli obiettivi a medio-lungo termine, tarati e riaggiustati in base ai feed-back che raccogliamo in itinere. Certamente ci sono diversi modi per strutturare degli obiettivi in maniera efficace, sia dal punto di vista personale che aziendale, con le relative differenze contestuali. Non abbiamo però la presunzione in questo spazio limitato di esaurire un argomento così complesso.

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La Leadership dell’esempio

“E sollecito il loro aiuto, poiché ho compreso che il capo non è colui che salva gli altri, bensì colui che sollecita gli altri a salvarlo”.

Antoine de Saint-Exupéry, da “Cittadella”.

 

È sufficiente scrivere nella bacheca aziendale a grandi caratteri un nostro importante principio? O le parole da sole non bastano? E se fossimo noi che abbiamo messo la scritta per primi a non rispettarla?

Pare che un elemento importante per influenzare le persone, molto di più delle nostre parole esplicite o ordini dati da “capi”, sia il nostro comportamento effettivo. Dagli studi sull’apprendimento sociale dello psicologo Albert Bandura, emerse che impariamo molto attraverso l’osservazione del comportamento altrui (apprendimento vicario). Inoltre, tendiamo ad imitare le azioni che vengono ritenute normali all’interno di una data comunità di persone. E quelle delle persone che rispettiamo e ammiriamo. E non basta essere un capo imposto dall’alto per ricevere rispetto e ammirazione: dipende molto di più dalle nostre azioni.

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Chi cammina sui tuoi sogni?

 “… essendo povero, ho soltanto sogni;
E i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;
Cammina leggera, perché cammini sui miei sogni”

William Butler Yeats

Ci muoviamo per costruire e sviluppare le nostre attività. Qual è il motore che ci spinge: sogni, aspirazioni, attitudini, pianificazione ponderata? Le persone che conoscete camminano con passo leggero? O saltano irrispettosamente sopra alle vostre aspirazioni e vi danno giudizi di impraticabilità?

 

Passi pesanti: i dispensatori di critiche.

Si narra di un giovanissimo operaio napoletano dell’inizio del ‘900 che sognava di fare il cantante. Il suo primo maestro gli disse che non era il caso, che non era portato, e che i suoni da lui prodotti erano oltremodo sgradevoli. Eppure, la madre gli disse abbracciandolo con affetto che lei credeva in lui, e che poteva continuare a prendere lezioni. Avrebbe cambiato maestro. Quel giovane operaio era Caruso, che sarebbe diventato uno dei maggiori cantanti lirici del suo tempo. Vista a posteriori quella madre può essere paragonata ad un ottimo coach.

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Passione per il lavoro: “C’eravamo tanto amati” o energia rinnovabile?

“Se ami quello che fai, non sarà mai un lavoro”

Confucio

 

La passione per la propria attività ha una sua data di scadenza? Finirà prima o poi, e allora sarà una noia e non vedremo l’ora di andare in pensione o cambiare attività? Oppure è possibile un “ritorno di fiamma”?

Un’altra questione sorge: nel momento in cui la passione si esaurisce o l’energia iniziale che avevamo pare diminuire, è possibile promuovere la nostra attività in maniera altrettanto credibile e convincente come quando eravamo maggiormente carichi di aspettative ed entusiasmo?

Il formatore Dale Carnegie consigliava agli oratori di scegliere argomenti che stavano loro a cuore. In quest’ottica, se vogliamo rendere viva la conversazione con un uditorio e appassionarlo, è utile scegliere di parlare, tra tanti argomenti che conosciamo, di quelli che amiamo e delle questioni importanti per noi. Cosa cambia se le parole non sono espresse a voce ma scritte? Non ne potete sentire l’intonazione, l’intensità emotiva, la velocità naturale dell’emittente, perché la velocità di lettura la fate voi. Però la passione per l’argomento trasuda anche dalle righe di un testo. E se tale passione manca, ci si potrebbe chiedere allora, come potete interessare i vostri interlocutori?

Non avere più niente da dire può essere una tragedia per l’attività di molti. Si potrebbe andare incontro alla noia, e i nostri interlocutori potrebbero sorbirsi parole grigie e stanche.

E allora è il momento di cambiare mestiere? O c’è un modo per rinnovare il nostro fuoco?

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