Essere se stessi… vuol dire cambiare? – ultima parte

Sii fedele a te stesso… e combatti il mondo sbagliato e ipocrita?

Non cambiamo mai idea, non rivediamo mai le nostre scelte, non consideriamo mai il punto di vista di chi la pensa diversamente da noi. Il prezzo non è alto: conflitti frequenti e incapacità di risolverli, diminuzione degli amici che ci sopportano, che ci danno ragione per sfinimento e ci lasciano vincere negli argomenti, anche se siamo noi a perderci nelle relazioni interpersonali, se non a perdere qualche relazione.

E’ nelle conversazioni comuni la considerazione che vedere solo il bianco e il nero porta a rigidità di pensiero e alla mancanza di adattamento e flessibilità. Spesso il bianco è il nostro punto di vista, quello giusto, e il nero è l’opinione contraria, di chi pensiamo in malafede. L’alternativa al pensiero dicotomico, che ci fa dividere tutto in due sole categorie, è il vedere le varie sfumature di ogni situazione e le varie opzioni di ogni scelta, relazione, negoziazione. A volte le nostre convinzioni limitano il nostro agire. Proprio nate e fiorite per favorirci, quando troppo rigide e non adattate alle situazioni, possono portare a danneggiarci.

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Essere se stessi… vuol dire cambiare? – parte seconda

Apprendimento, esperienze nuove, improvvisazione e creatività.

“A 20 anni come a 80, chi cessa di imparare è un vecchio, chi continua ad imparare è giovane. La cosa più importante nella vita è questa: mantenere elastica la mente” – Recitava Henry Ford.

A volte la paura viene affrontata evitando ciò che temiamo. Questo può portare però a dei rimpianti, come ad esempio alla mancata possibilità di apprendere cose nuove, “cambiare marcia” nella vita o nel lavoro e allargare la nostra “area di comfort”, quell’insieme di luoghi e situazioni in cui ci muoviamo a nostro agio, soprattutto perché ne abbiamo esperienza e abbiamo quindi la consapevolezza di poterli gestire.

A volte la credenza di avere raggiunto la perfezione in una data arte e l’eccessiva sicurezza su un argomento possono portare a pensare che non abbiamo bisogno di apportare più nulla ai nostri saperi e alle nostre abilità. E con questo atteggiamento potremmo precluderci potenziali nuove esperienze, appaganti e arricchenti, e limitare la nostra crescita personale e professionale. Quando ci sentiamo troppo sicuri su un dato argomento o abilità, forse è il momento in cui siamo più vulnerabili e meno adattabili ai cambiamenti.

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Essere se stessi… vuol dire cambiare? – parte prima

“La testa è rotonda per permettere al pensiero di cambiare direzione”

Francis Picabia

 

 

La libertà di poter essere se stessi attraverso il proprio cambiamento.

Riporto il pensiero di una mia amica, Jazmin: “essere se stessi vuol dire perseguire i propri valori e desideri, e io desidero migliorarmi. E posso farlo solo cambiando”.

Si parla e predica spesso dell’importanza di essere se stessi. Ciò corrisponde ad un modello di comportamento etico preciso, oppure è una formula che ripetiamo in maniera non ragionata attingendo da senso comune, cinema e Tv, perdendone di vista le sfumature semantiche e le conseguenze comportamentali possibili? In che genere di mondo è vera un’affermazione?

Le credenze guidano i nostri comportamenti, e credenze in contraddizione tra di loro o rigide possono limitare il nostro agire. A volte alcune nostre affermazioni sono vere per noi o utili intese in un senso in un certo numero di situazioni, e dannose in un senso diverso in altre. Potremmo intendere modi positivi (o efficaci per i nostri obiettivi personali) di essere noi stessi, legati ad esempio al coltivare il nostro stile personale e a non imitare pedissequamente qualcuno, e modi meno utili, legati ad esempio alla rigidità del nostro punto di vista.

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Dalla Paura di Sbagliare… alla Voglia di Rischiare – Parte III

Scambio di persona: fallito per virtuoso.

A che insieme appartiene l’elemento “errore”? Spesso, come abbiamo visto, lo assimiliamo agli oggetti e agli elementi appartenenti alla persona fallita presa nella sua interezza, come avviene nel caso seguente.

Un ragazzo vuol far parte di una squadra di baseball, ma non è in grado di lanciare e ricevere bene, ed è spaventato dalla palla, così dice al suo coach che pensa di lasciare la squadra perché è un “cattivo giocatore di baseball”. Questa storia ci viene raccontata da Robert Dilts, e alle parole del ragazzo seguono quelle del coach, che portano a fare uno di quei “viaggi di scoperta” che possiamo realizzare stando fermi ad ascoltare: “Non ci sono cattivi giocatori di baseball, ci sono solo persone che non hanno fiducia nella propria abilità di imparare”.

Il ragazzo con che occhi guarda e valuta il fallimento? E con che occhi invece lo guarda e valuta il coach? Essi “vedono” due persone diverse. Il primo una persona incapace, l’altro una persona che sta imparando. La storia di Dilts continua così: “Il coach rimane in piedi di fronte al ragazzo e gli mette la palla nel guantone, facendogliela tirare e poi riprendere. Poi fa un passo indietro, gli lancia delicatamente la palla nel guanto, e il ragazzo la rilancia. Un passo dopo l’altro, il coach si sposta sempre più lontano…” e qualche tempo dopo il ragazzo diventa un elemento prezioso per la sua squadra.

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Dalla Paura di Sbagliare… alla Voglia di Rischiare – Parte II

La “ricetta d’oro” per non fare errori.

Forse è troppo presto per dare questa risposta, o forse no. La ricetta d’oro per essere sicuri di non commettere errori è… non fare nulla! Una presa in giro, una provocazione, o solo senso pratico? Molti di noi hanno certamente sentito il detto “Chi non fa non sbaglia”. E che fare con l’insuccesso? In fondo basta non provare a fare cose nuove, non imparare nulla di più di quello che si sa, non modificare mai niente nelle nostre mansioni lavorative o non uscire di casa, e non dovremo averci a che fare, no? E per chi è abituato a fare e a vincere e a rifiutare la sconfitta? Che farne dell’insuccesso?

Forse capire il tipo di rapporto che abbiamo con l’insuccesso rappresenta una chiave importante e pratica per capire come affrontare l’errore e la paura di sbagliare che, a meno che non optiamo per la costosa possibilità di starcene completamente immobili, ci capiterà di incontrare.

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